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Archivio di Stato di Salerno

23-4-2022. Donne salernitane “partigiane combattenti”

Donne salernitane “partigiane combattenti”

di Fosca Pizzaroni

Matteo Corradini, un ebraista e scrittore, afferma: “Fare memoria non è semplicemente ricordare il passato. Fare memoria è conoscere le storie del passato perché quelle storie diventino nostre. È provare empatia con quanto accaduto perché si possa arrivare, di conseguenza, a cambiare noi stessi. E a cambiare il presente”.

E in occasione del prossimo 25 aprile, mi piacerebbe “fare memoria” e ricordare la “resistenza al femminile”.

Il periodo storico in cui il movimento partigiano fu attivo ha inizio dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 (il CLN fu fondato a Roma il 9 settembre), e termina nei primi giorni del maggio 1945, durando quindi venti mesi circa. Venti mesi in cui il ruolo delle donne fu di fondamentale importanza e dal punto di vista logistico, nei servizi informativi e di spionaggio, e nella lotta armata.

La storica Simona Lunadei afferma che “Dopo la fine della guerra, già a partire dal 1948, c’è stato una specie di silenzio generale sulla resistenza femminile”. “Questo perché si cercò di normalizzare il ruolo delle donne, che proprio durante la guerra avevano sperimentato un’emancipazione di fatto dai ruoli tradizionali”.

Dimenticare “il più presto possibile” e normalizzare fu anche il destino della resistenza nel Mezzogiorno, prima area liberata d’Italia. Ricordiamo che proprio a Caserta era il Quartier generale delle forze armate alleate e nella Reggia di Caserta fu firmata la resa tedesca, il 29 aprile 1945. Ma la storiografia ufficiale, almeno fino ad oggi, ci racconta solo di una “resistenza” nel Nord Italia. Ho detto fino ad oggi, perché con i suoi volumi La memoria tradita, del 2016, e La seconda guerra mondiale nel Mezzogiorno. Resistenze, stragi e memoria, del 2019, il professor Giovanni Cerchia, ordinario di storia contemporanea presso l’Università degli studi del Molise, è tra coloro che hanno iniziato a riscrivere la storia della resistenza in Italia, sottolineando il grande apporto dato dal Meridione alla liberazione dal giogo nazifascista.

Al riguardo si è svolta una interessante conversazione lo scorso giovedì 12 aprile, organizzata da Toponomastica femminile, dal titolo Partigiane combattenti. Bella ciao! La Resistenza taciuta, cui hanno partecipato, oltre allo stesso professor Cerchia, Silvia Casillo, Osservatorio di genere, che ha presentato il progetto in atto nelle Marche “Riconoscersi Partigiani/e. Costruzione di un’appartenenza”; Paolo Franzese, Dirigente Archivista, che ha fatto il punto sulla storiografia in essere e illustrato i percorsi archivistici da seguire nella ricerca; Ilaria Cervo, dell’Associazione storica del caiatino, che collaborando con Toponomastica femminile ha rintracciato, centenaria, Stefania Carrese, una delle due partigiane combattenti nate a Caiazzo; e Laura Coci, Presidente dell’Istituto lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea. Per chi avesse desiderio di ascoltare la conversazione, il link YouTube è: https://youtu.be/62YOQil3Uzw.

La fonte principale per la ricerca delle partigiane combattenti, senza nulla togliere agli archivi dei Gabinetti di Prefettura e Questura locali è, dal 2019, il data base “Partigiani d’Italia”, https://www.partigianiditalia.beniculturali.it.

Una banca dati creata in collaborazione dalla Direzione generale degli archivi, con l’Istituto nazionale Ferruccio Parri. Rete degli istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, comprendente le schede con i nominativi di tutti coloro che richiesero il riconoscimento delle qualifiche partigiane. Schede conservate nella serie archivistica «ricompart» (Ufficio per il servizio riconoscimento qualifiche e per le ricompense ai partigiani), versato dal ministero della Difesa all’Archivio centrale dello Stato tra il 2009 e il 2012.

Parliamo di ben 611 cassette contenenti 703.716 schede nominative. Una serie archivistica composta, anche, da circa 7.430 buste di documenti prodotti dalle Commissioni regionali, Estero e dalla Commissione di secondo grado per i ricorsi, che analizzarono le richieste di riconoscimento avanzate a partire dal 1944.

E da questa banca dati, ci piace estrarre oggi, a ricordo di quegli avvenimenti, i nomi delle donne salernitane che hanno fatto la resistenza, almeno alcuni, quelli delle “partigiane combattenti”.

Come nella nostra epoca, i movimenti di persone tra una regione e l’altra, anche allora erano costanti, persone e famiglie si spostavano per le più diverse ragioni: lavoro, studio. E naturalmente troviamo salernitani e salernitane sparse in tutte le regioni italiane al momento dell’armistizio. Qui daremo conto, per la maggior parte di alcune “fuori sede”. Tante donne e sconosciute, ma molte di più avrebbero dovuto essere, perché non tutte presentarono domanda di riconoscimento.

Cocca De Paola, nata a Teggiano il 14 marzo 1915, di Antonio, ha operato all’estero.

Maria Esposito, nata a Salerno il 25 luglio 1906, di Vincenzo e Piciocchi Elisa, gregaria in una formazione Isolata, ha operato nel Lazio.

Suor Maria Elena Jannini, nata a Salerno il 20 giugno 1904, di Raffaele e Iannini Felicia, gregaria della Banda Biferale, ha operato nel Lazio.

Vanda Lombardi, nata a Piaggine il 7 novembre 1923, di Michele e Tomassini Prospera, gregaria nella Formazione Militare Clandestina di Roma - Caruso, ha operato nel Lazio.

Ida Passarelli Garzo, nata a Laurito il 23 luglio 1913, di Giovanni, ha operato a Napoli partecipando alle 4 giornate.

Carlotta Scuccimarra, nata a Colliano l’11 ottobre 1920, di Pasquale, gregaria nel VI Sotto Settore Adriatico, ha operato nelle Marche.

Lina Carmela Tagliaferri, nata a Cava dei Tirreni il 7 luglio 1905, di Bonaventura e Grillo Gelsomina, gregaria nella formazione Torre Cajetani, ha operato nel Lazio.

Eva Vivenzio, nata a Scafati il 25 gennaio 1915, di Vincenzo e Cocco Giuseppina, gregaria nella Seconda Brigata Mondovì, ha operato in Piemonte.

Le schede, di cui è composta la banca dati “Partigiani d’Italia”, non sono uniformi nel riportare i dati, d’altra parte i fascicoli conservati spesso hanno al loro interno solo i dati anagrafici e alcuni mancano! Perché le carte non sempre arrivano tutte negli archivi di Stato, c’è una forte dispersione prima del versamento di una serie archivistica, ma varrebbe la pena approfondire le storie di queste donne.

La sezione ANPI della provincia di Roma, in collaborazione con la Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio, ha redatto e postato sul proprio sito web il database/inventario dei partigiani iscritti alla propria sede, oltre 9.050 nominativi tra uomini e donne. E non sono tutti. Sarebbe un esempio da seguire da parte di tutte le Soprintendenze archivistiche e sezioni ANPI. Per ritrovare un po’ della nostra storia, per fare “memoria” ed entrare in “empatia”.

Buon 25 aprile a tutte e tutti.



Ultimo aggiornamento: 02/05/2023